esopianeti
introduzione
di Loris Lori
Nell’Universo osservabile ci sono miliardi di galassie, ciascuna delle quali contiene centinaia di miliardi di stelle. L’Umanità, circondata da questo oceano di stelle apparentemente senza limiti ha a lungo speculato sull'esistenza di altri sistemi planetari simili al nostro e la possibilità dello sviluppo della vita altrove nell'Universo. La ricerca degli esopianeti è iniziata essenzialmente per tre motivi:
  • Motivazioni scientifiche. E’ necessario mettere alla prova modelli di formazione ed evoluzione di altri sistemi planetari perché il nostro sistema solare potrebbe non essere rappresentativo. Altresì importante è quantificare la frequenza di pianeti con condizioni fisiche atte a sostenere la vita “pianeti abitabili”.
  • Motivazioni tecnologiche. Le osservazioni di pianeti extrasolari richiedono un notevole sforzo di affinamento delle tecniche osservative astronomiche. (Imaging diretta, coronografia,spettroscopia ad alta risoluzione, fotometria, interferometria).
  • Motivazioni filosofiche/speculative. L’uomo da sempre ha avuto un innato desiderio di conoscere meglio ed esplorare l’universo in cui è inserito per cercare di rispondere a domande assai diversificate come "Esistono infiniti mondi possibili, alcuni simili al nostro altri diversi”( Epicuro 300 a.C), oppure “Si è dimostrato che fuori del cielo non c’è né può venire ad esserci un corpo. È evidente dunque che fuori del cielo non c’è neppure luogo, né vuoto, né tempo.(De Coelo, Aristotele, 384-322 A.C).
Solo recentemente, a partire dagli anni 90, sono state sviluppate metodologie idonee alla rilevazione degli esopianeti. I due metodi principali di ricerca dei pianeti extrasolari sono la rilevazione delle velocità radiali, causata dalla perturbazione dinamica della stella ospite, e la rilevazione della curva fotometrica della stella durante il transito planetario.

Metodo delle velocità radiali.
Anche se il pianeta non si vede, è tuttavia possibile rilevare il piccolissimo oscillare della stella ospite in risposta alla perturbazione gravitazionale del pianeta. Il principio si basa sulla misura sperimentale della velocità radiale (Vr) della stella dedotta con la rilevazione dello spostamento Doppler delle sue righe spettrali. Nella formula fondamentale seguente si introducono i valori individuati sperimentalmente dei parametri (Vr) velocità radiale, (P) periodo orbitale, (M) massa della stella e si ricava la massa del pianeta (mp) a meno della quantità sconosciuta (I) inclinazione del piano orbitale rispetto alla linea di vista.



Questa tecnica di misura si è dimostrata assai produttiva per i cacciatori di pianeti poiché è indipendente dalla distanza ma richiede tuttavia elevati rapporti segnale/rumore per poter raggiungere alte precisioni. Il metodo viene usato generalmente solo per stelle relativamente vicine, fino a 160 a.l dalla Terra. La velocità di rotazione della stella intorno al centro di massa del sistema è assai minore a quella del pianeta tuttavia con i moderni spettrometri, come Harps-Eso da 3.6m dell’Osservatorio La Silla, si possono rilevare variazioni di velocità sino ad 1 m/s o persino inferiori (si tenga presente che Giove induce sul Sole una ampiezza di velocità di circa 12.5 m/s).
Il metodo delle velocità radiali riesce ad individuare facilmente pianeti massicci (tipo gioviano), vicini alle loro stelle ma la rilevazione di quelli orbitanti a grandi distanze dalla stella ospite richiede molti anni di osservazione. Pianeti con orbite fortemente inclinate alla linea di vista dalla Terra producono piccole oscillazioni della stella, quindi sono più difficili da individuare. Un’altra limitazione è che si può solo stimare la massa minima del pianeta, tuttavia con tale metodo è possibile confermare le scoperte fatte con il metodo dei transiti.
La scoperta del primo esopianeta 51 Pegasi b, a circa 50 a.l dalla Terra, è avvenuta nel 1995 ad opera di due astronomi svizzeri. Dalla curva delle velocità radiali della stella 51 Pegasi, si è desunto che il pianeta 51 Pegasi b ha una massa pari a circa la metà di quella di Giove



Metodo dei transiti (principio fisico)
Quando un pianeta passa davanti alla sua stella, occulta una parte molto piccola della superficie di quest’ultima e ciò produce una piccolissima diminuzione della luminosità della stella ΔL che osserviamo e misuriamo. La diminuzione di luce ΔL, osservabile durante il transito, dipende dal rapporto fra i raggi del pianeta Rp e della stella Rs.

La diminuzione della luce dipende dal rapporto fra i
raggi della stella e del pianeta





Ad esempio valori di ΔL/L per Marte, Terra, e Giove in transito sul Sole sono rispettivamente 3x10-5 , 8.4x10-5 e 1.1x10-2. Poiché il calo di luminosità della stella è dell’ordine del centesimo di magnitudine è necessario lavorare con estrema precisione di almeno 2 millesimi di magnitudine cercando di minimizzare tutte le possibili sorgenti d’errore e principalmente:
a) il rumore provocato dall’arrivo casuale dei fotoni sul rivelatore
b) l’errore prodotto dalla scintillazione atmosferica ( legato alla massa d’aria, al tempo di esposizione, al diametro del telescopio e all’altezza s.l.m)
c) l’errore legato al rapporto segnale/rumore ?S/N, é necessario cioè valutare il numero effettivo di conteggi dovuti ai fotoni cha arrivano dalla stella.
Quindi dal conteggio complessivo va tolto il fondo-cielo.
Vantaggi: Il metodo non è sensibile alla distanza. Un pianeta transitante a 10 o a 100 anni luce produce la stessa curva di luce.
Svantaggi: E’ necessaria una precisa configurazione geometrica in cui l’inclinazione del piano orbitale del pianeta sia quasi esattamente a 90° rispetto alla linea di vista Tera-Stella, altrimenti il pianeta non passerà di fronte alla stella. Inoltre le osservazioni effettuate senza una conoscenza preliminare della geometria del sistema o del periodo orbitale sono caratterizzate da bassime probabilità di rilevazione.
Va ricordato infatti che la probabilità (Ptr) di rilevare un pianeta extrasolare con il metodo dei transiti dipende dal raggio della stella (R*) e dal semiasse dell’orbita (a) secondo la seguente formula,


Per esempio ad un osservatore distante, la probabilità di osservare il transito della Terra davanti al Sole è di 0.47%, e di 0.09% per osservare il transito di Giove. Se quindi si ipotizza che l’1% delle stelle abbia un pianeta come Giove, e se monitorizzo 100.000 stelle allora potrebbe verificarsi mediamente 1 transito ogni 12 anni che è il periodo orbitale di Giove, quindi se ne deduce che i transiti ossevabili sono eventi rarissimi. Tuttavia la scoperta dei pianeti Gioviani caldi ha migliorato notevolmente la situazione. In questi sistemi planetari infatti, come nello specifico di 51Pegasi b, la probabilità di rilevare transiti può arrivare sino all’11% e l’evento in questo caso si ripete ogni 4 giorni!, pertanto l’ordine di grandezza del numero di stelle da monitorare nel caso di un Gioviano caldo è circa 1000, quindi è alla facile portata di qualsiasi CCD a largo campo.
Il pianeta HD 209458b può essere considerato una delle pietre miliari nella ricerca astronomica, è stato infatti scoperto nel 1999 con il metodo del transito usando un telescopio da 4 pollici di diametro.
Con la missione Kepler della NASA, iniziata nel 2009 ed ufficialmente conclusa nel 2018, il cui scopo era la ricerca di pianeti simili alla Terra in orbita a stelle diverse dal Sole con l'utilizzo del telescopio spaziale Kepler , sono stati confermati 2432 pianeti.