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le pagine del Gruppo Italiano Astrometrisi (GIA) sono state recuperate dagli archivi |
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Gruppo Italiano Astrometristi Pianeti Minori |
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LA CAMERA CCD | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Luciano Lai e Luciano Bittesini | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In astronomia i rivelatori a C.C.D. hanno ormai soppiantato i rivelatori chimici con tutta una serie di vantaggi e pochi svantaggi; anche gli astrofili si sono adeguati alle nuove tecnologie e l'uso delle camere elettroniche è ormai abbastanza diffuso anche a livello amatoriale nonostante il costo elevato. Ad onor del merito qualcuno è anche riuscito ad autocostruirle con ottimi risultati. Le varie camere non sono molto dissimili, almeno nelle linee di funzionamento ed offrono risultati che sono paragonabili fra loro, se si escludono i casi estremi, peraltro per la maggior parte degli astrofili che si dedicano allo studio dei pianetini, la scelta è caduta sulla Sbig St-6 principalmente per l'ottimo rapporto prezzo/prestazioni. Sarà proprio questa camera che andremo ad analizzare , anche perché i vari programmi e le utilità descritti nelle pagine seguenti fanno riferimento al formato immagine fornito dalla St-6. Per coloro che possiedono una camera diversa sarà senz'altro possibile convertire il loro formato-immagine , magari contattando direttamente gli autori dei programmi. Riassumiamo nella seguente tabella le caratteristiche principali di
questa camera
Le caratteristiche migliori derivano dall'area del sensore e dal convertitore A/D a 16 bit, mentre la risoluzione e l'errore medio di lettura risultano al di sotto di molte altre camere, ma l'insieme offre alla fine un buon compromesso. Anche le dimensioni dei singoli pixel sono piuttosto ampie a scapito della precisione , ma consentono una grande sensibilità che si traduce in tempi molto brevi di esposizione. Il software in dotazione è da considerarsi di buon livello e permette un'ampia gestione del settaggio di vari parametri e l'automatizzazione di alcune procedure, è un po' scarno per quanto riguarda il trattamento matematico delle immagini dato che contiene solo l'uso di due filtri. Il manuale fornito dalla casa consente facilmente l'installazione e l'uso delle varie opzioni, peraltro riteniamo opportuno rivedere quegli elementi che possono interessare la ripresa fotografica dei pianetini. Un ripasso dei fattori che concorrono a formare l'immagine finale ci aiuterà a comprendere meglio. E' noto che il sensore o chip è composto da una matrice di singoli ricettori fotosensibili che quando sono colpiti dalla luce generano elettroni , si stabilirà quindi una differenza di potenziale proporzionale all'energia ricevuta, tale tensione è infatti uguale alla sensibilità per il numero di fotoni intercettato. IL segnale verrà poi amplificato e quindi convertito da analogico in digitale, poiché solo in questa forma potrà essere trattato con operazioni matematiche. IL calcolatore permetterà di visualizzare la matrice iniziale sullo schermo del monitor rispettandone le dimensioni e assegnando a ciascun elemento un livello di grigio proporzionale alla tensione rilevata, cosicché i fotositi che avranno intercettata una energia maggiore saranno visualizzati più chiari. Nel sistema però vengono ad interagire vari fattori che disturbano e influiscono sulla precisione della misura. Possiamo definire il rumore o disturbo, come una variazione casuale di una quantità
misurata, il suo valore assoluto può esprimere poco, assume invece grande importanza il
suo rapporto nei confronti del segnale, più sarà alto il rapporto segnale/disturbo ,
migliore sarà la precisione dei valori delle grandezze misurate. Quindi si cercheranno le
tecniche più opportune per migliorare questo rapporto. Le fonti del rumore Il rumore dei fotoni: Il numero di fotoni che colpisce il chip durante un'esposizione varia in modo casuale ,
infatti se misuriamo il valore che assume il medesimo pixel in una serie di esposizioni
identiche otterremo indicazioni diverse . Potremo definire norma la media delle letture ,
ma ciascuna si discosterà di una certa grandezza , lo scostamento che ne risulta è il
rumore . In questo caso il rumore è proporzionale alla radice quadrata della norma con la
conseguenza che il rapporto segnale disturbo migliora con la lunghezza dell'esposizione. Il rumore di lettura: Questo rumore è intrinseco con l'elettronica della camera e deriva dal fatto che
l'amplificatore non è in grado di leggere esattamente il numero di elettroni emessi dai
singoli fotositi , nel caso della St-6 viene indicato dal costruttore come 30 e- rms che
si legge come 30 elettroni radice quadrata media. E' un valore piuttosto alto poiché
altre camere più moderne contengono questo errore entro 1 e-rms. Il rumore di polarizzazione: è un rumore introdotto dall' elettronica abbinata alla camera e come effetto produce
uno spostamento dello zero dell'amplificatore in assenza di segnale. Di conseguenza anche
un'esposizione di durata zero registra una tensione. Il rumore termico: I singoli fotositi rilasciano elettroni anche in assenza di luce , in conseguenza della loro perenne agitazione termica, durante un'esposizione il segnale di luce si somma con il segnale prodotto dall'agitazione termica. Il segnale termico è strettamente legato alla temperatura e alla durata dell'esposizione, quindi per poterlo ridurre è necessario raffreddare. Le tabelle seguenti ci consentono di capire come agisce il segale termico in funzione della temperatura e dell'esposizione, esse rappresentano i valori assunti dai pixel, in un rapporto riferito ad un valore massimo di 65536,per un'immagine St-6 . Contengono una matrice quadrata con il lato di 13 elementi e sono quindi solo indicativi e a titolo di esempio
immagine al buio , 1secondo a -20°C valore medio di lettura 172 rapporto segnale/disturbo =1.8
immagine al buio, 1 secondo a -40°C, valore medio di lettura 131, rapporto segnale/disturbo 7.2
immagine al buio 10 secondi a -40 °C, valore medio di lettura 277, rapporto segnale/disturbo 6.9 E' evidente come il segnale termico diminuisca con la temperatura , ma soprattutto migliora il rapporto segnale/disturbo che consente una migliore precisione di lettura. A sua volta il segnale termico è affetto da errori casuali che potranno essere migliorati ricorrendo a più immagini mediate tra loro. Con questa tecnica il rapporto segnale/rumore migliora secondo una funzione pari alla radice quadrata del numero di immagini mediate. Cosicché con quattro immagini il rapporto migliorerà di un fattore 2 e con 9 immagini di un fattore 3. Il medesimo procedimento può essere applicato anche nelle esposizioni in luce. Le tre tabelle seguenti i cui parametri sono esposti in calce, mostrano i risultati
una immagine 10 secondi valore medio 1759 rapporto segnale disturbo =24
somma di 4 immagini da 10 secondi, valore medio 6915,
rapporto segnale/disturbo= 35
somma di 9 immagini da 10 secondi, valore medio 15396,
rapporto segnale/disturbo=44 Il rumore di quantizzazione: è l'imprecisione introdotta dalla conversione analogico/digitale, nel caso della St-6
la conversione avviene a 16 bit che significa che il segnale compreso tra lo zero e la
saturazione sara diviso in 65535 livelli , e deve considerarsi buona , per alcune camere
la conversione avviene a 8 bit e quindi a 256 livelli e può essere insufficiente per
alcune applicazioni . Il rumore di sensibilità: Ogni fotosito è leggermente diverso dagli adiacenti, può essere più o meno sensibile alla luce oppure introdurre un diverso segnale termico, altri ancora introducono delle variazioni casuali, determinati da elementi non prevedibili, cosicché un immagine esposta ad una sorgente supposta uniforme non si presenta perfettamente piatta. Disturbi paragonabili agli errori di sensibilità possono essere introdotti nel cammino ottico dello strumento collegato con la camera. La vignettatura è una delle fonti principali ed è spesso presente in quasi tutte le combinazione ottiche, ma anche i granuli di pulviscolo depositati sulle superfici poste in prossimità del sensore introducono delle ombreggiature che comportano variazioni di sensibilità. E' comunque possibile correggere, almeno in parte questi disturbi ricorrendo alla tecnica del flat-fielding o spianamento di campo. Per l'applicazione è necessario ottenere una immagine esposta su una sorgente uniforme e poi trattarla matematicamente con l'immagine astronomica. Riassumendo , esponendo la camera C.C.D. collegata al telescopio, in una zona di cielo otterremo un'immagine, cosiddetta grezza, che contiene : il segnale dell'oggetto celeste il segnale termico il segnale di polarizzazione tutti i rumori sopradescitti. Per ottenere il miglior rapporto segnale/ disturbo è conveniente seguire le indicazioni del costruttore che possono essere raccolte nei seguenti passi: Il settaggio iniziale seleziona l'off-set ed è conveniente accettare il valore automatico. Alla opzione " Misc- pcsetup" è conveniente usare le funzioni automatiche per la velocità di trasmissione e per la scheda grafica. Alla opzione "Misc-telescope setup" saranno indicate le caratteristiche dello strumento , per il "response factor" , il costruttore indica un valore di 10000, ma in pratica si è dimostrato migliore un valore intorno a 500 In "Camera setup" conviene settare il "reuse dark-frame" , l'"antiblooming" come "low" e la "resolution" come "auto". Per la temperatura conviene settare il valore più basso possibile; nella stagione fredda normalmente non ci sono problemi poiché è facile ottenere temperature di lavoro intorno a - 45°C , ma in estate è utile aiutare la dispersione del calore con un piccolo ventilatore e ancor meglio con un ulteriore sistema che raffreddi l'atmosfera attorno alla camera . Una serpentina avvolta attorno alle alette di raffreddamento contenente del liquido refrigerato si è dimostrata molto valida e ha consentito una temperatura di -40- 45 °C anche in estate. Il raffreddamento può provocare la condensazione dell'umidità sulla superficie del chip che si manifesta con un evidente annebbiamento dell'immagine. Si può rimediare sostituendo il sale essiccante contenuto all'interno e comunque raffreddando per gradi . Al posto di settare immediatamente la temperatura al livello più basso,. ci si arriva per gradi abbassondola di 5-6 gradi ogni 5 minuti ; è un procedimento molto noioso , ma la condensa è ancora peggio. Anche la messa a fuoco può risultare un po' laboriosa, ma l'utilizzo di un oculare a forte ingrandimento aggiustato nel fuoco con precisione si è rivelato molto utile. Per il controllo finale conviene prendere un'immagine qualsiasi della durata di alcuni secondi ( per ovviare alla turbolenza) e poi osservarla con la funzione zoom, allorché le stelle più piccole saranno contenute in un pixel, il fuoco potrà ritenersi soddisfacente. Prima di iniziare le riprese vere e proprie è opportuno preparare le immagini per lo spianamento del campo , il cielo al crepuscolo prima dell'apparizione delle stelle si presta molto bene, ma anche un diffusore illuminato uniformemente e posto alla bocca del telescopio può soddisfare allo scopo. E' inoltre sempre conveniente riprendere più immagini, da mediare, per diminuire gli errori casuali. L'immagine finale da usare come flat-field dovrebbe avere un valore medio intorno a 20000 , pertanto l'esposizione sarà regolata in funzione di questo valore. Per le immagini dark, cioè riprese in assenza di luce, è sempre conveniente ricorrere alla media di più immagini, ma spesso per mancanza di tempo si preferisce sottrarre la prima della serata, normalmente non si sono manifestati evidenti problemi, ma indubbiamente la prima via è migliore. Non riteniamo inoltre conveniente usare dei dark-frames preparati nelle sere precedenti. Lo stesso discorso è valido per la ripresa in luce, dove peraltro bisogna prestare attenzione al moto proprio degli oggetti studiat, poiché i tempi lunghi comporterebbero un trascinamento in caso di velocità elevate. La funzione autograb si rivela utile nel caso di esposizioni multiple, ma occorre ricordare che la somma di due immagini da quattro minuti mostrerà oggetti più deboli che non la somma di quattro immagini da due minuti, poiché il rapporto segnale/disturbo è anche funzione del tempo di integrazione. In definitiva le operazioni da compiere dopo il settaggio iniziale sono: Ripresa dell'immagine flat, ripresa dell'immagine al buio, ripresa dell'immagine in luce , sottrazione del buio ( può essere fatta in automatico) livellamento del campo con la funzione flat-field. A questo punto si può osservare l'immagine calibrata sul monitor , ricorrendo all'automatismo per i livelli del fondo e del "range", se però molte stelle sono presenti nel campo il "range" potrebbe settarsi su di un valore piuttosto alto e cancellare le stelle più deboli , converrà allora agire manualmente settandolo intorno a 256 che è un valore ottimale per evidenziare i pixels meno luminosi. Un' altra fonte di disturbo è provocata dalle luci artificiali che possono intercettare la superficie interna del telescopio provocando vistose anomalie. L'unico rimedio è un buon paraluce che dovrà sporgere di parecchio ed avere un diametro più grande del tubo del telescopio, altrimenti le luci parassite si rifletteranno sulla sua superficie internae saranno comunque intercettate. Per i cieli molto inquinati si può ricorrere anche all'uso di filtri, posti nelle immediate vicinanze della camera, un filtro rosso o meglio ancora un filtro infrarosso consente un buon guadagno, dato che abbassa la radiazione, dove massima e l'emissione del disturbo, ma consente la trasmissione delle lunghezze d'onda più lunghe dove i pianetini hanno ancora una buona luminosità. |